Gli otto rami dell’Astanga Yoga ci guidano nel cammino che conduce dall’esterno all’interno ed è proprio questo il luogo nel quale troviamo l’Eterna Verità.
Patanjali ci spiega che prima di tutto un praticante di yoga dovrebbe focalizzarsi sul rispetto dei 5 Yama e dei 5 Niyama.
I 5 Yama sono il punto di partenza, il luogo dove il cammino ha inizio e sono anche uno strumento semplice per meglio comprendere il messaggio che gli antichi saggi ci hanno tramandato nel tempo.
Il primo Yama è Ahimsa che possiamo tradurre come “non violenza” ed è il principio che verrà approfondito in questo articolo.
Scoprirai cosa significa, le varie forme di violenza e numerosi spunti di riflessione per coltivare questo principio nella tua vita.
Buona lettura!
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Indice
Gli Yama in breve
Gli yama sono il primo degli otto “anga” dello yoga descritti negli Yoga Sutra di Patanjali.
Gli yama possono essere tradotti anche come astinenze, freni, controllo e sono considerati come dei principi etici che hanno lo scopo di migliorare il modo di comportarsi di un praticante di yoga sia verso se stesso che verso gli altri.
Gli yama possono essere visti come l’inizio del percorso del praticante, ma sono sono da considerarsi anche anche come un traguardo poiché è proprio grazie alla pratica che con il tempo si arriva a condurre uno stile di vita yogico.
Gli yama sono 5:
- Ahimsa: non violenza
- Satya: verità
- Asteya: non rubare
- Brahmacharya: continenza
- Aparigraha: non avidità nel possedere
Andiamo ora a scoprire Ahimsa.
- Approfondimento: Yama, i principi etici dello yoga
Ahimsa, non violenza
Il primo Yama, spesso considerato il più importante, è “Ahimsa“, che significa “Non violenza” o anche “non fare del male“.
Questo principio abbraccia tutti gli aspetti nella vita e intende che non ci dovrebbe essere nessuna forma di violenza nei pensieri, nelle parole e nelle azioni.
Patanjali dedica a questo principio il sutra 2.35:
“In presenza di una persona fermamente stabilita nella non violenza, tutte le ostilità cessano”.
Questo significa che quando una persona rispetta fermamente il principio di non violenza chi è intorno a lui viene fortemente influenzato.
Un esempio di ciò è Gandhi che, grazie proprio al rispetto di Ahimsa, riuscì a fermare l’esercito inglese e a placare la rabbia degli Indiani oppressi.
La sacralità dell’Universo
Sono tre le più importanti caratteristiche che possiamo osservare nell’Universo: la verità, la sacralità e la bellezza.
Queste qualità sono contenute in ciascuna cosa e la violenza può rovinarle; quando intenzionalmente non rispettiamo queste qualità, violiamo l’Eterna Verità.
E’ il nostro dovere e il nostro compito preservare queste qualità e mantenerle in ogni cosa che ci circonda, dalla più piccola alla più grande e dalla più grande alla più piccola.
E’ possibile applicare questo principio ad un luogo, ad un animale, ad un oggetto, ad una persona, ad una azione: tutto va trattato con rispetto e con cura, ogni cosa va fatta con dedizione e attenzione.
Approfondimenti:
Le tre forme di violenza
Le antiche scritture riconoscono tre forme di violenza.
La prima forma di violenza è quella fisica; guerra, rabbia e collera sono solo alcune delle sue manifestazioni. Nuocere un’altra persona intenzionalmente costituisce una forma di violenza che nuoce alla mente e al corpo arrecando danni non solo alla vittima, ma anche a colui che compie l’azione e ai suoi testimoni.
La seconda forma di violenza è quella verbale; possiamo causare diverse ferite attraverso ciò che diciamo. Ogni nostra parola seppur detta con buone intenzioni, può causare danni alla mente di chi ci ascolta. La parola è un dono e l’abilità nel parlare richiede maestria.
Quando utilizziamo questo dono per ferire l’altro, commettiamo una violenza. Le parole infatti, non solo trasferiscono un’idea da una persona all’altra, ma hanno anche la capacità di stimolare un tipo di energia piuttosto che un’altra, energie che in alcuni casi possono condizionare e disturbare. Quando comunichiamo è dunque importante fare attenzione a ciò che passiamo all’altro e a come lo diciamo. E’ ancora una volta necessario mettere cura e consapevolezza in ciò che facciamo.
Il terzo tipo di violenza si realizza attraverso il potere della mente ed è bene ricordare che ciascun individuo possiede questo potere. Desiderare il male di qualcuno è una grande forma di violenza che equivale ad una maledizione; colpisce sia la persona che procura questa forma di violenza portando agitazione e negatività, sia la persona alla quale è diretta che indebolisce il proprio potere e diventa vulnerabile.
Anziché di maledire qualcuno sarebbe rivoluzionario e potente inviare una benedizione con la sincera intenzione di portarle del bene!
Leggi anche: Il karma: cos’è, cosa significa e come funziona la legge karmica
Non violenza nel cibo
Mangiare è una forma di violenza poiché ci nutriamo utilizzando risorse che a loro volta sono vive e questo è inevitabile per la nostra sopravvivenza.
Ma spesso mangiamo più di quanto sia necessario per garantirci una buona salute. E’ bene perciò mangiare solo ciò che ci serve per mantenerci in salute, puliti e leggeri.
Ritengo importante sottolineare questo principio che troviamo nelle più diverse tradizioni yogiche: a partire dalla nostra nascita, la natura ci riserva una certa quantità di cibo e quando lo abbiamo consumato moriamo e ci muoviamo verso il nostro prossimo passaggio evolutivo.
In sanscrito la parola cibo è tradotta come “annam” e le sacre scritture Upanisad ci spiegano che ‘Mentre stai mangiando al tempo stesso ti stai mangiando’.
Ci sono tre motivi che spiegano questo. Il corpo compie un grande sforzo nell’atto della digestione; l’energia che accumuliamo con il cibo in eccesso ci induce ad essere iperattivi e questo a sua volta crea stress.
La natura ha previsto una certa quantità di cibo per noi e se mangiamo in eccesso questo significa che mangiamo il cibo di altri.
Molte persone nel mondo mangiano più del necessario a causa dello stress che è conseguenza dello stile di vita che conducono. Possiamo cambiare questa abitudine solo se troviamo calma e quiete all’interno di noi stessi. Cambiando stile di vita avvicinandoci allo stile di vita yogico, farà di noi persone più contente e una persona contenta mangerà meno.
Mangiare vegetariano implica una violenza minore rispetto a cibarsi anche di carne. Oggi i metodi di allevamento degli animali sono spesso violenti e poco rispettosi delle norme.
Naturalmente in quanto essere umani abbiamo la necessità di nutrirci e possiamo farlo nel miglior modo possibile, facendo scelte appropriate e rispettose della natura e dell’ambiente.
Per saperne di più su questo argomento leggi anche
La violenza verso noi stessi
Fino ad ora ti ho parlato delle forme di violenza verso gli altri, ma desidero farti notare che esistono anche forme di violenza verso noi stessi quando per esempio trattiamo male il nostro corpo, non lo curiamo o mangiamo in eccesso.
E’ nostro dovere prenderci cura del nostro corpo, per esempio se ci sono impurità o squilibri dobbiamo eliminarli e a volte questo è possibile solo con una ferrea disciplina e costanza. Occorre essere severi con noi stessi per poter uscire da situazioni negative.
Il luogo migliore per apprendere questo principio è sicuramente il tappetino quando si pratica yoga.
Spesso vedo molti praticanti che eseguono le posizioni esagerando solo per arrivare ad eseguire la variante più difficile, senza pensare al fatto che stanno infrangendo Ahimsa, il primo principio dello yoga.
Quando si esagera durante la pratica si commette una violenza verso noi stessi e quando succede questo la pratica dello yoga non dona benefici, addirittura può anche provocare danni.
Il principio di non violenza invece dovrebbe essere sempre nella mente di chi fa yoga perché è tra i più importanti.
Bisogna essere rispettosi del proprio corpo, avere pazienza, ascoltarsi profondamente e cercare di non infrangere mai Ahimsa.
Leggi anche: Gli asana nello yoga, come per fare le posizioni nel modo corretto
Coltivare la non violenza
Tutti noi, praticanti di yoga e non, dovremmo cercare di coltivare il principio di non violenza e per farlo ci sono vari modi.
Te ne suggerisco 2 che sono a mio avviso sono tra i migliori.
Il primo è sicuramente praticare molto yoga e meditazione per riuscire a essere più consapevole dei pensieri. Tutto nella nostra vita nasce dal pensiero. Le azioni e le parole infatti originano sempre da pensieri. Soltanto una maggiore consapevolezza di tutto quello che succede nella nostra mente può far si che interrompiamo sul nascere pensieri violenti, ancor prima che si manifestano in parole e azioni.
Guarda i tuoi pensieri, diventano parole. Guarda le tue parole, diventano azioni. Guarda le tue azioni, diventano abitudini. Guarda le tue abitudini, diventano carattere. Guarda il tuo carattere, diventa il tuo destino”.
Una volta che si è consapevoli dei pensieri violenti che insorgono, si possono eliminare praticando il pensiero opposto (pratipaksha bhavana), molto simile al pensiero positivo.
Questo metodo consiste nel pensare la cosa opposta del pensiero negativo che insorge. In questo caso potresti pensare all’amore, alla pace e al bene ogni volta insorge un pensiero violento.
Se un fuoco non viene alimentato si spegne. Stessa cosa succede con questo metodo. Inoltre, se riesci ad individuare la nascita del pensiero violento, sarà più facile eliminarlo.
Infine, uno dei modi migliori per coltivare la non violenza, è essere in contatto il più possibile con coloro che seguono il principio della non violenza.
Questo ci può essere di ispirazione e ci può insegnare a coltivare empatia e compassione.
Se coltiviamo l’arte di immedesimarci nell’altro, comprendiamo che l’anima dell’altro è la nostra. Se l’altro prova dolore, anche noi proviamo lo stesso dolore.
Sviluppando questa abilità sviluppiamo l’amore per ogni essere dell’Universo ed entriamo in unione con il Tutto.
Scopri anche gli altri Yama:
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*Immagini tratte da Bigstock