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La Bhagavad Gita e lo yoga

da | Set 18, 2021

Cosa è la Bhagavad Gita? Perché se ne sente parlare sempre di più? Cosa significano queste due parole? Cosa ha a che fare la Bhagavad Gita con lo yoga?

Leggi quanto segue per avere una risposta a queste prime domande e per saperne molto di più riguardo a questa straordinaria opera che ha tantissimo da insegnare ad ognuno di noi.

Buona lettura!


Che cosa è la Bhagavad Gita

Bhagavad gita yoga

Iniziamo con il tradurre dal sanscrito (lingua dell’antica India, paragonabile al nostro latino e al greco antico) le due parole Bhagavad e Gita, esse si traducono con: il canto/canzone del beato/glorioso Signore che, in tal caso, è Krishna, nome di un avatara del dio Visnù che è la divinità principale, l’Essere supremo.

L’avatara è una divinità che discende sulla terra che è in pericolo, con lo scopo di ristabilire il Dharma, ossia il bene, la giustizia, la legge morale, quando si sia creato uno stato di caos in cui il male prevale tra gli esseri umani.

La Gita è un’opera di eccelsa poesia, suddivisa in 700 versi, contenuti in 18 capitoli; il tutto facente parte del Mahābhārata, il più grande poema epico che sia mai stato scritto, a sua volta composto da 100000 versi contenuti in 18 grandi libri.

La Bhagavad Gita è un testo religioso e filosofico tra i più importanti in India, basilare per ogni indagine e conoscenza metafisica, paragonata ai nostri Vangeli. A livello storico non se ne conoscono l’autore né la datazione,
probabilmente gli autori sono molteplici e risale al periodo che va dal I secolo a.C. al I secolo d.C. Secondo la tradizione indiana è invece un testo rivelato, dunque donato all’umanità da Dio.

Il testo, come tutti i testi importanti in India, è accompagnato da un commento. In realtà i commenti sono tantissimi in quanto in India ogni maestro per essere tale deve, tra le altre cose, aver commentato la Bhagavad Gita. Ma uno tra i commenti più autorevoli, se non il più autorevole in assoluto e che ha fissato il testo, è quello di Sri Adi
Shankaracharya, uno dei più grandi maestri di tutti i tempi vissuto nel Kerala intorno al 700 d.C.


Di cosa parla la Bhagavad Gita

È un dialogo tra Dio e l’uomo, qua incarnati rispettivamente da Krishna, avatara del dio Visnù e il mitico eroe Arjuna.
Il dialogo ha luogo sul campo di battaglia, poco prima di una guerra fratricida. La guerra è tra i Kaurava, che rappresentano il male e i Pandava, che rappresentano il bene e di cui fanno parte Arjuna e il
suo divino Auriga e precettore Krishna. Kurava e Pandava sono due rami della dinastia dei Kuru.

Kurukshetra è il luogo della battaglia, noto anche come campo della giustizia, il luogo dove si decidono le azioni giuste/buone/Dharma e quelle non giuste/non buone/Adharma.

I due eserciti sono composti da parenti ed è per questo che Arjuna, in un momento di riflessione è sopraffatto da dubbio, tristezza, incertezza nel voler combattere, pur essendo un valoroso guerriero. Lo coglie la disperazione nel rendersi conto che combatterà contro i suoi consanguinei. In realtà i Pandava, già costretti, in passato, all’esilio, in seguito ad un inganno dei loro cugini Kurava, tornati nel regno, avevano tentato in ogni modo di evitare la guerra, rinunciando anche alla parte di regno che spettava loro di diritto. Ma ogni tentativo di giungere a un compromesso fu vano. I Kaurava volevano tutto il regno e volevano eliminare fisicamente i Pandava nel timore di future rivendicazioni. Quindi i Pandava (grandi guerrieri, principi, kshatria) sono costretti alla guerra. Una guerra dharrmica che dura 18 giorni (numero simbolico).

Il dialogo tra Krishna e Arjuna si ha prima della guerra, in un momento in cui il tempo si ferma, col dubbio di Arjuna che Krishna deve dissipare.


Il messaggio della Bhagavad Gita

Lo yoga nella bhagavad gita

L’insegnamento della Gita inizia nel 2 capitolo dal verso 11, quando Arjuna, disperato, si affida totalmente a Krishna, che gli parla affinché il grande guerriero e principe torni ad avere fiducia in se stesso e nel Dharma. Questo è il momento in cui Arjuna comprende l’amore che Krishna gli offre, è il momento in cui nasce il rapporto discepolo – maestro secondo cui il discepolo pone domande e il maestro risponde. Ed è da questo punto che lo stesso Shankaracharya inizia il suo commento al testo.

Questa opera magistrale contiene preziosissimi insegnamenti per la liberazione dalla sofferenza, a cui tutti possono accedere. È un opera indirizzata all’intera umanità, non ad asceti o religiosi.

Il testo insegna che si accede alla liberazione attraverso la via dell’azione (karma marga), attraverso la via della devozione/amore (bakti), rappresentata da Krishna, e attraverso la via della conoscenza/saggezza (jnana) che è il coronamento dell’insegnamento.


I temi portanti della Bhagavad Gita

Il primo tema portante del testo riguarda Visnù, cioè Krishna, che si
svela ad Arjuna come un Purna Avatara.

Il secondo tema è quello della bakti, ossia l’amore per Dio che offre amore puro e disinteressato all’uomo e che l’uomo è chiamato a corrispondere altrettanto disinteressatamente. Nulla è più elevato della bakti, essa è il mezzo e il fine.

L’amore è la via più diretta per giungere alla liberazione, il fine sommo, il destino a cui tutti siamo chiamati, per ricongiungerci all’assoluto, alla divinità e non rinascere più, a interrompere il ciclo
delle rinascite per ricongiungerci all’assoluto, in piena comunione con la divinità.

L’unico scopo della vita è l’amore, amore puro, disinteressato, amore che ama senza aspettarsi nulla in cambio, cosi come è quello della divinità, disinteressato e gratuito.

Qua Krishna, con il suo amore per Arjuna e per l’umanità, elargisce i suoi insegnamenti affinché l’unione d’amore con il divino abbia luogo.

Il terzo tema è quello relativo all’insegnamento sull’azione, il Karma. L’azione così come l’amore deve essere compiuta senza finalità alcuna. Krishna spiega ad Arjuna che è corretto agire ma l’intenzione nascosta dietro l’azione è di fondamentale importanza, nulla ci si deve aspettare in cambio nell’agire se vuole santificare la
propria vita. Agire senza attaccamento ai risultati dell’azione stessa è la giusta via.

Krishna spiega questo concetto in molteplici modi.

  1. Noi siamo fatti di Karma poiché tutto ciò che facciamo è karma;
    parlare, pensare, camminare e tutto il resto. Ma dal Karma
    dobbiamo liberarci se vogliamo liberarci dal ciclo delle rinascite (samsara) e dal dolore/sofferenza. Ma come ci si può liberare dal Karma se tutto è Karma?
  2. Ci si deve impegnare nel proprio Karma con la massima dedizione, fare al meglio ciò che siamo chiamati a fare e ad essere nella vita. Ognuno di noi ha un compito specifico da svolgere, a cui non si deve sottrarre, ma piuttosto deve individuarlo e svolgerlo al suo meglio.
  3. Secondo l’insegnamento di Krishna, si deve agire senza alcuna finalità, senza pensare ad eventuali risultati della propria azione; si deve piuttosto agire, semplicemente perché quello è il compito che ci è stato assegnato. A tal fine è necessario rendersi consapevoli delle intenzioni per le quali si agisce, poiché sono proprio le intenzioni a determinare il samsara e non le azioni in sé.

Chi conosce lo yoga e la meditazione, può facilmente dedurre quanto importanti queste pratiche siano. Interiorizzarsi per comprendersi e capire le ragioni del proprio stile di vita e della qualità delle proprie azioni è importantissimo (Krishna insegna ad Arjuna il naishkarmya).

Ogni azione produce degli effetti, è ovvio, ma questi non devono assolutamente essere il motivo per cui agiamo, l’azione dev’essere fine a se stessa, agire per il gusto di agire è corretto. Ci si deve liberare dall’attaccamento karmico dei frutti dell’azione, soltanto così le nostre azioni saranno pure e potremo liberarci dal Karma che tutto impregna!

Liberarsi dal Karman col Karman stesso. Vivi al meglio nel mondo senza essere del mondo, senza aspettarti nulla in cambio. Avere un fine è lecito, ma non deve destare interesse egoico.

L’io inteso come ego è il nemico, esso non esiste ma lo creiamo noi e ci identifichiamo con esso. Questa tendenza va eliminata per giungere alla liberazione.


Lo Yoga nella Baghavad Gita

Bhagavad Gita yoga

La Gita tratta ampiamente e con notevole chiarezza lo yoga, dedicando alla disciplina i 47 versi del sesto capitolo.

Dalla lettura di questo capitolo emerge che, fondamentalmente lo yoga è equanimità, ciò sta a significare che il praticante si solleva dalla dualità della vita per posizionarsi al di sopra degli opposti, da tutto ciò che comporta il giudizio, venendosi a trovare in un terreno dove tutto è 1, tutto è il Divino, dove non ci sono più amici e nemici, bene e male, freddo e caldo etc

Lo yogin vive in un profondo equilibrio in tutte le cose della vita. Lo yoga infatti, nella mia esperienza di allieva nel passato e di insegnante nel presente, insegna ad osservare e a diventare consapevoli, abbandonando ogni aspettativa e ogni giudizio, accogliendo con serenità ed equanimità ogni cosa.

Certo sono livelli elevati da raggiungere, soprattutto per noi occidentali, visto che la nostra
cultura è praticamente impostata al contrario rispetto a ciò che l’oriente ci insegna, ma con impegno e volontà si può migliorare il proprio punto di vista e con ciò migliorare la qualità del proprio stare in questo mondo.

Nel capitolo sesto è descritto il luogo ideale dove praticare lo yoga e quale è la postura corretta nella quale stare. Come fare la propria pratica e tanto altro.

La Gita ci spiega che lo yogin è la più elevata creatura tra coloro che percorrono la via della spiritualità (intesa come crescita interiore) che va anche oltre gli asceti o i religiosi, quando ricerchi attraverso la pratica l’unione con l’assoluto.

Lo yoga insegna l’equilibrio in tutte le cose divenendo uno stile di vita. Il Karma Yoga in particolare dona preziosi insegnamenti sull’agire disinteressatamente per essere equanimi.

A questo punto suggerisco di prendere tra le mani questo meraviglioso testo e leggerlo, anche solo poche pagine al giorno e leggerlo anche più volte per comprendere personalmente quel poco che ho cercato di spiegare in queste righe e trarre delle conclusioni personali che il testo può ispirarti.

Om Shanti! 🙏

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